Chi è il growth hacker

Il growth hacker, letteralmente “pirata della crescita”, è una figura professionale relativamente recente, che viene cercata da diverse aziende per migliorare numeri e prestazioni.

Secondo Raffaele Gaito, autore del primo manuale in Italia che si occupa del fenomeno, «l’approccio è multidisciplinare: bisogna gestire un business a 360 gradi, dal marketing al prodotto» e  «si basa su un approccio scientifico, basato sull’analisi dei dati e sulla verifica continua dei risultati».

Informatica, credito, grande distribuzione, sono alcuni dei settori in cui vengono cercate delle figure che riescano a stare al passo con i cambiamenti veloci del linguaggio digitale. «Occorrono ottime capacità relazionali, spirito inprenditoriale e di leadership» , continua Gaito.
Pur essendo un fenomeno ormai consolidato «l’offerta è ancora insufficiente a soddisfare la domanda. I professionisti si questa disciplina sono così rari che nei paesi anglosassoni vengono definiti “unicorni”».

Case history

Nel 2010 Twitter stentava a crescere, con un incremento di soli 4 milioni di utenti. Grazie alla strategie espansive del growth hacker Satya Patel, crebbe di 200 milioni di utenti in due anni.

Dropodox, ferma a 100mila utenti, raggiunse in tempi record i 4 milioni di utenti grazie all’intervento di Sean Ellis, pioniere del growth hacking.

Coca-Cola avrebbe sostituito quest’estate la figura del direttore del marketing con quella di un growth hacker.

Quali competenze occorre acquisire per diventare un growth hacker? Indipendentemente dal proprio background di studi e lavorativo, occorre essere aperti ad una formazione continua. Oltre alla manualistica anglosassone, ora sono disponibili anche in Italia dei corsi efficaci, come quelli proposti dalla piattaforma Lacerba. Anche le università stanno introducendo all’interno dei corsi dedicati all’economia o al marketing delle lezioni dedicate al growth hacking.


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